Il melograno - Punica granatum L.

Il Melograno (Punica granatum L.) è un arbusto originario dell’Asia occidentale, spontaneo dal Sud del Caucaso al Punjab, appartenente alla famiglia delle Punicaceae, si diffuse, fin dall’antichità, in Estremo Oriente e in Asia Minore e successivamente nei Paesi mediterranei. Lo si nota spesso in Italia meridionale e nelle Isole, acquistando sempre maggior favore nei giardini delle città.

Può essere anche un piccolo albero a rami spinosi e foglie oblunghe o obovate, opposte, ottuse, intere, glabre e lucide. I fiori sono semplici e ascellari e hanno colore rosso arancio. Al fiore succede una finta bacca (balaustio) simile a una mela, divisa in diverse celle e contiene numerosi semi succosi dolci o acri, a seconda delle qualità, di colore granata. Esistono diverse specie, da quelle a fiore semplice o a fiore doppio a quelle da frutto dolce o acre.

È una pianta che non richiede grandi cure o un terreno particolare e ha il vantaggio di fiorire nei mesi estivi quando molti alberi e cespugli non sono così generosi di colore. Si preferisce propagare il melograno per innesto: come portainnesto si usano le varietà acide e si innesta a spacco. Si usano anche la divisione dei ceppi, l’estirpazione dei polloni radicali e la margotta.

La fruttificazione inizia al quarto anno dall’impianto.

Il melograno è così bello che gli antichi lo caricarono di simboli, citandolo spesso nei poemi, dipingendolo sui vasi e intagliandolo nel legno e nel metallo ricavandone gioielli e amuleti.

Già nel 2500 a.C i suoi frutti furono raffigurati nelle tombe egizie e citati in papiri dell’epoca di Thutmosis (1547 a.C.) e di Amenofi IV (1375 a.C.) e nelle camere sepolcrali di Ramsete IV sono stati trovati autentiche melegrane seccate. Gli Arabi, che apprezzavano molto il melograno, lo coltivarono intensivamente nella Spagna del Sud dal VII secolo, e il nome della città di Granada lo testimonia ancora oggi. Al melograno e ai suoi frutti fanno capo numerose tradizioni e leggende: considerato il frutto della fecondità i Greci favoleggiavano che fosse stata Afrodite a piantare il Melograno nell’isola di Cipro. Nell’Odissea compare anche nel giardino di Alcinoo, re dei Feaci. Secondo certe tradizioni il pomo offerto da Eva ad Adamo era una melagrana e così quello donato da Afrodite a Paride per conquistare Elena.

Molti sono i riferimenti al Melograno nel Vecchio Testamento, ad esempio il Cantico dei Cantici.

Già 4000 anni fa, gli Egizi conoscevano le proprietà vermifughe della radice di melograno; in Europa, all’inizio del XIX secolo, la scorza di questa radice era molto usata nella lotta contro la tenia. L’analisi moderna ha confermato la presenza di alcaloidi antielmintici, molto efficaci contro le tenie, da somministrare sotto controllo medico.

Secondo Dioscoride mangiare tre fiori di melograno preserva da malattie agli occhi per un anno intero e sono astringenti. Catone mette in evidenza le proprietà, vermifughe e antiemorragiche intestinali o vaginali, della radice.

La medicina antica conosceva e usava come astringente il tannino contenuto nella corteccia, nei fiori e nei frutti, mentre il succo della melagrana veniva usato in diversi modi a seconda del grado di maturazione del frutto: quello ricavato dal frutto acerbo era prescritto come febbrifugo e antivomito; quello del frutto maturo, contro la tosse. I semi servivano per correggere il sapore di alcuni sciroppi, ma soprattutto per la preparazione della granatina bevanda acidula e dissetante.

La corteccia dei frutti acerbi, ricca di tannini, è stata utilizzata come tintura rossa nella concia del marocchino. Infine, dal pericarpo del frutto si estraeva un ottimo inchiostro.

Lorenza Poggi