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Il Cotogno

Il cotogno (Cydonia oblonga, Mill. 1768) è una pianta della famiglia delle Rosacee coltivata per i suoi frutti.

Originario dell'Asia Minore e della zona del Caucaso, oggi è diffuso principalmente nell'areale occidentale del Mediterraneo ed in Cina; un tempo molto diffuso anche in Italia, dagli anni '60 ad oggi si è verificata una notevole contrazione della produzione dato che la distribuzione dei frutti non interessa le grandi reti commerciali.

È una delle più antiche piante da frutto conosciute: era coltivato già nel 2000 a.c. dai Babilonesi, tra i Greci era considerato frutto sacro ad Afrodite, simbolo dell'Amore e della Fertilità e in epoca romana era ben noto, venendo citato da Catone, Plinio e Virgilio.

Le varietà con i frutti a forma di mela sono dette meli cotogni, mentre quelle con i frutti più allungati sono dette peri cotogni.

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Si tratta di specie ben definita il cotogno è una pianta da frutto distinta da meli e peri.

Il suo frutto, chysómelon ovvero pomo d'oro, ispirò la credenza leggendaria che i pomi di Ercole fossero cotogne. Le mele delle Esperidi raffigurate negli altorilievi del tempio di Zeus, a Olimpia, assomigliano molto alle cydoniae; e al Museo Nazionale di Napoli, nella collezione farnese, Ercole ne tiene tre in mano.

Plutarco riferisce che, secondo un decreto di Solone, la sposa ne doveva mangiare una prima di salire sul letto nuziale affinché la prima nottefosse più gradevole; ma secondo un'altra interpretazione il frutto avrebbe favorito un felice concepimento. Tale credenza gli struhea, di tarda fruttificazione, e i mustea, pille cotogne spesse volte, partoriscano li figlioli industriosi, e di acutissimo ingegno”.

Era ancora viva tra i Serbi all'inizio del secolo scorso l'usanza di gettare una mela cotogna per invitare all'amore.

Era un frutto così amato dagli Arabi da ispirare loro anche poesie.

Plinio che, oltre ai chrysómela, cita anche due altre varietà più piccole, gli struhea, di tarda fruttificazione, e i mustea, più precoci, riferisce che i primi, innestati sul cotogno, avevano prodotto una specie a se stante, la mulviana (Mulvius colui che realizzò il primo innesto), “unica tra le specie nominate a essere mangiata anche cruda e che oggi si usa porre all'interno delle camere di ricevimento o appendere alle statue”.

Dopo Ippocrate e fino al XVII secolo era considerata tra i frutti più salutari e utili, come testimoniano le stesso Plinio e nel Rinascimento alcuni autori, dal Mattioli al Durante, la raccomandavano come antidoto contro gli avvelenamenti. Oggi i frutti sono impiegati sopratutto nell'industria dolciaria, mentre hanno conservato un modesto posto in fitoterapia, come antidiarroici e astringenti.

Si presenta come un piccolo albero deciduo, che può raggiungere i 5–8 m di altezza.

Le foglie alternate, semplici, sono lunghe 6–11 cm, con margine intero, pubescenti (finemente pelose).

I fiori sono bianchi o rosa, con cinque petali, con corolle di 5–7 cm di diametro; la fioritura avviene tardivamente (fine aprile inizio di maggio), e si ha dopo la emissione delle foglie.

I frutti, di colore giallo oro intenso, sono di dimensioni variabili, (a volte molto grandi in alcune varietà) asimmetrici, maliformi o piriformi. La buccia del frutto è fittamente ricoperta di peluria che scompare a maturazione ed è comunque facilmente rimossa. La polpa è facilmente ossidabile (scurisce all'aria), poco dolce ed astringente. I frutti maturano fra settembre ed ottobre.

I semi sono poligonali, numerosi, spesso agglutinati tra loro da uno strato di mucillagine.

È l'unica specie del genere Cydonia. Altre specie in precedenza incluse in questo genere sono oggi attribuite ad altri generi. Tra esse il cotogno cinese (Pseudocydonia sinensis), e alcune specie del genere Chaenomeles.

Data la limitata dimensione propria delle piante di cotogno, governata anche da opportune potature, i cotogni trovano spazio e sono ancora coltivati in orti e frutteti domestici

Usi:

·  Il frutto è usato per la preparazione di confetture, gelatine, mostarde, distillati e liquori.

·  La condizione di limitata dolcezza della polpa non significa assenza di zuccheri, ma la loro presenza sotto forma di lunghe catene glucidiche, che danno l'effetto soggettivo della scarsa dolcezza; con la cottura, nella preparazione di confetture, e quindi con la frammentazione dei polisaccaridi la polpa assume una dolcezza intensa, e la liberazione di un profumo di miele.

·  L'elevato contenuto di pectina produce un veloce addensamento della confettura o della gelatina, limitando i tempi di cottura. In epoca precedente la diffusione dello zucchero raffinato la confettura semisolida di cotogne era con il miele (costosissimo) uno dei pochi cibi dolci facilmente disponibili e soprattutto ben conservabili.

·  I frutti venivano anche posti negli armadi e nei cassetti per profumare la biancheria.

·  Un liquore a base di cotogna denominato Sburlon viene prodotto nel parmense e in particolare più precisamente nella Bassa vicino a Roccabianca.

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·  La cotognata, gelatina semisolida in piccoli pezzi, è famosissima nel Ragusano, nell'area dell'Etna e nel Basso Lodigiano, soprattutto a Codogno.

·  Viene usata anche per la preparazione della chicha morada, bevanda analcolica peruviana preparata facendo bollire il mais morado (una varietà tipica della zona) in acqua, con scorza di ananas, mela cotogna, un pizzico di cannella e chiodi di garofano.

·  In Iran e in Afghanistan i semi di cotogna vengono bolliti e ingeriti come rimedio alla polmonite

·  A Malta un cucchiaino di marmellata di cotogna sciolto in acqua bollente viene usato contro il disagio intestinale

·  Nel subcontinente Pakistan indiano la cotogna viene utilizzata dagli erboristi come rimedio a eruzioni cutanee e ulcerazioni, se immerso in un gel contro le infiammazioni alle corde vocali.

La pianta si adatta anche a suoli relativamente poveri purché ben drenati, soffre per eccesso di calcare. Quasi tutte le varietà sono autosterili, quindi per avere frutto occorre impiantare, o avere presenti, almeno due varietà diverse; a chiarimento: le piante originate da due semi diversi sono varietà diverse, due piante innestate con la stessa varietà sono lo stesso clone e quindi non sono varietà diverse.

Date le limitate dimensione della pianta la buona affinità di innesto, il cotogno è usato come portainnesto nanizzante per il pero nelle coltivazioni industriali. Non tutte le cultivar di pero sono compatibili, William ad esempio non lo è e necessita di un intermediario, spesso Butirra Hardy o Passacrassana, che forniscono il tronco alla pianta.

Su proposta della regione Abruzzo il ministero ha riconosciuto la confettura (o, impropriamente, marmellata) di cotogne come Prodotto Agroalimentare Tipico.

Curiosità:

·  Il frutto del cotogno è usato come nutrimento dalle larve (bruchi) di alcune specie di lepidotteri (farfalle) quali Bucculatrix bechsteinella, Bucculatrix pomifoliella, Coleophora cerasivorella, Coleophora malivorella.

·  Il frutto è commestibile sia cotto che crudo. Crudo è alquanto aspro e indigesto, mentre cotto è molto gradevole.

·  La parola marmellata viene dal portoghese marmelo che è il nome lusitano del cotogno.

HO LETTO PER ME E PER VOI - ISOLA BELLA IL VASCELLO FIORITO

Mentre tre famosi architetti californiani in un noto libro la cui traduzione italiana è “La poetica dei giardini”, parlando dell’Isola Bella scrivono: “Questo vascello fiorito, questo traghetto mosso dalla fantasia, è un peana dell’accumulazione: stratifica immagini su

L’Orto Botanico più grande della Svezia

Amici, vi presento un mio vecchio amore, conosciuto più di sessant’anni fa, quando mio padre mi portò sulla costa occidentale a vedere i suoi luoghi d’infanzia. Cresciuta com’ero tra gli antichi orti di Rudbeeck e Linco a Uppsala fui incantata da questo enorme giardino così “diverso”: rigoglioso, pieno di angoli misteriosi e di sorprese.

Il gelso – l’albero della saggezza

"La maestra Elisa, che l’autunno precedente aveva voluto ache ogni scolaro arrivasse a scuola con un diverso ramoscello d’albero, alla fine del maggio 1929 ci portò dei bozzoli dalla pianura. Ci spiegò che dentro ognuno c’era una farfalla che prima era bruco e prima ancora piccolo ovetto che, dischiuso al tempo che i gelsi mettono le foglie, mangiando queste era mutato e cresciuto fino a costruirsi intorno la sua casa di fili di seta”

Fioritura di cactus

Ringrazio le gentili Signore che hanno esposto nella segreteria dell’Associazione la fotografia dei miei cactus fioriti e che mi hanno chiesto qualche ragguaglio in merito.

Tutto è iniziato tanti anni fa, quando l’amico Clemente, vecchio panettiere del paese, stufo di pungersi con una pianta che aveva in negozio, decise di buttarla e me la regalò.

Da questa pianta, figlio dopo figlio, sono arrivato a circa mille vasi.

Il rinvaso avviene ogni 4 anni con humus di lombrico, sabbia, torba, terra da giardino e compost molto vecchio. Le piante si accontentano di poco; però d’inverno devono essere riparate, abitando io in collina nell’Oltrepò a Mornico Losana, un paesino sui 300 metri l’altitudine.

Quando a tarda primavera le tolgo dalla serra, basta allinearle sulla balaustra delle terrazze esposte a sud, in pieno sole e non occorre occuparsi di loro.

A fine luglio ….. ecco il miracolo.

All’improvviso le terrazze sono rosa, tutte in fiore.

Dopo la guerra i miei amici mornichesi che tornavano dall’Etiopia, mi raccontavano che alcune sere il deserto diventava di colpo rosa per la fioritura di certi cactus, ed io voglio sperare che siano stati della specie dei miei: l’echinopsis nigra!

 

Dino Gioia

 

N.d.R.

Il sig. Edoardo Gioia, gioviale ottantenne, oltre che insuperabile coltivatore di cactus e nostro Amico da tanti anni, ha fatto recentemente parlare di se perché, a fianco della sua bellissima villa in stile Liberty, ha allestito un museo dell’antichità dal titolo “di tutto un po’„ dove si possono trovare macchinari, utensili, oggetti di uso comune raccolti in più di vent’anni. Questo museo è visitato da molti appassionati dell’antico e da scolaresche della Provincia.

Ci complimentiamo con il sig. Dino e gli auguriamo tanta fortuna per questa sua iniziativa .

UN CONCORSO, UN GIOCO, UN PATRIMONIO DA CONOSCERE E CONSERVARE…

Quest’anno abbiamo deciso di partecipare al concorso indetto dal FAI: L’ambiente un gioco da ragazzi.

Per questo progetto si doveva realizzare un gioco dell’oca, mettendo a confronto due beni, uno storico-artistico e uno naturalistico, della nostra città.

All’inizio eravamo indecisi sulla scelta dei beni da prendere in considerazione. Poi ci è venuta in aiuto la signora Lorenza Poggi, che ci ha offerto la sua collaborazione per “lavorare” sull’Orto Botanico dell’Università di Pavia.

Non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione.

Possiamo dire che siamo “vicini di casa” dell’Orto Botanico, dal momento che la nostra scuola si trova proprio di fronte e, in questa stagione, dalle nostre finestre possiamo ammirare i bellissimi colori dei fiori delle azalee e delle rose.

Quale migliore occasione per far conoscere più da vicino questo patrimonio cittadino di grande significato e importanza?

I bambini hanno accolto con entusiasmo la proposta e abbiamo cominciato a “fare conoscenza” con questo ambiente.

Il lavoro è iniziato con alcuni incontri, durante i quali la signora Poggi ha presentato notizie di carattere storico sull’origine dell’Orto Botanico e ha dato informazioni sui generi di piante che vi sono ospitate.

Successivamente abbiamo potuto visitare l’Orto Botanico e le sue serre, dove abbiamo ammirato dei bellissimi esemplari di piante rare o originarie di territori lontani da noi.

Dopo aver raccolto tutte le informazioni necessarie, si poteva iniziare a dare spazio alla nostra fantasia per costruire il gioco dell’oca.

Abbiamo fatto alcuni bozzetti per i percorsi e per le caselle e alla fine abbiamo realizzato il gioco, utilizzando i nostri disegni e le nostre fotografie.

Non vorremmo sembrare immodesti, ma abbiamo proprio fatto un bel lavoro!

Infatti, quando il 6 maggio c’è stata la festa all’Orto Botanico dedicata alle classi partecipanti al concorso, tutti ci hanno fatto i complimenti!

E non dimentichiamo poi che ci siamo pure classificati al terzo posto nella selezione regionale del concorso del FAI!

Ma al di là della nostra soddisfazione, dobbiamo ringraziare tutte le persone che lavorano, sperimentano, insegnano presso l’Orto Botanico perché ci hanno offerto la possibilità di avvicinarci ad una realtà cittadina che merita di essere conosciuta e apprezzata.

 

Gli alunni e gli insegnanti delle classi 3 A e 5 A della scuola primaria De Amicis di Pavia